I Regali di Ornella

I Regali di Ornella

L’ultima nota aveva smesso di risuonare nel grande salone. Non suonava spesso, Giovanni. Ma quando lo faceva era per dare risalto al momento. Era il suo modo preferito di contribuire ai momenti importanti. Stile apprezzabile per chi non aveva fatto della musica la sua professione. Salvo quei cedimenti verso il jazz più energico, che non sempre incontravano il gusto di Ornella. Miles Davis, John Coltrane, al limite Chat Baker: quello era il jazz e non era una questione di generazioni.

La neve aveva preso ad adagiarsi sui campi e il paesaggio stava iniziando ad assomigliare all’immagine del Natale. Le riunioni di famiglia, una volta più frequenti, si erano diradate dopo che la nuova generazione aveva iniziato il suo percorso, anche lontano dalle colline della Toscana. Il Natale era rimasta l’occasione più importante per ritrovarsi. Total white era la regola non scritta di famiglia: il White Christmas era un valore su cui tutti erano d’accordo. Che fosse nevicato o meno, tutti seguivano l’usanza di vestirsi con il candore che si addiceva all’occasione.

“Il vestito è un abito. L’abito è un abitudine. E l’abitudine è quello che dice chi siamo.”

Questo aveva ripetuto Ornella alle sue nipoti, quando le avevano chiesto il motivo di questa consuetudine.

Nei giorni che lo precedevano, il caos degli arrivi aveva scosso la tranquilla routine del casolare, fatta di passeggiate tra le vigne e premurose attenzioni ai cavalli. Alice era stata l’ultima ad arrivare, ma la prima a voler fare un giro completo della tenuta. Il suo volo era stato rimandato per maltempo e l’idea di non arrivare in tempo per la cena l’aveva accompagnata per tutta l’attesa.

Quello con Ornella era stato uno sguardo d’intesa già uscita dall’auto. Nonna e nipote avevano sempre avuto un loro linguaggio, fatto di gesti sconosciuti al resto della famiglia. In quella che poteva essere un’espressione distratta, Ornella riusciva a leggere nel volto della bambina il disappunto per la pioggia che le impediva di andare in scuderia o le tracce di un litigio tra cugine. Col tempo, Alice aveva imparato a ricambiare: da un cenno del labbro aveva compreso cosa pensasse sua nonna della musica di Giovanni.

Nel darle il braccio per fare il giro della villa, Alice si era compiaciuta di sentire il tessuto del trench Isveita che indossava la nonna. Come da bambina, le sue dita si erano perse a percepire i solchi lungo le maniche, fino a fermarsi al lembo che serrava il bottone. La figura di sua nonna era quella di una donna matura che aveva conservato una linea asciutta e il soprabito, tenuto in ordine da una cintura avvolta ma non annodata, le donava un aria di naturale eleganza. Un po’ più stretta, e le avrebbe accentuato il carattere deciso; un po' più morbida, e avrebbe rivelato quella sua consapevolezza che andava oltre le banali apparenze.

Il freddo dei campi aveva riportato Alice indietro negli anni, quando in terre lontane, Ornella l’aveva portata alla festa del villaggio. Lingue diverse, tradizioni differenti, cerimonie distanti: la nonna le aveva spiegato che le tradizioni sono quello che anima il mondo. Alice si era persa nei colori dei vestiti della festa.

“Il colore è gioia di vivere: bisogna saperlo dosare per dargli un significato. Il bianco non è la sua assenza, ma è la semplicità che lo fa risaltare” Le aveva detto Ornella facendole provare una sua collana. Alice aveva ricordato spesso questo insegnamento quando aveva iniziato a passare dai tailleur in studio agli abiti da sera. Anche se sotto un sole meno acceso, a migliaia di chilometri di distanza, la regola per lei era sempre valida: era il suo modo di tener fede alla famiglia, anche se le sue scelte professionali l’avevano condotta verso altri percorsi. Parlandone con Thomas, il suo fidanzato, si era interrogata se vi fosse un senso di colpa in questo e se Ornella lo avesse intuito.

La neve aveva finito di coprire gli alberi che delimitavano i campi. sul terreno, un manto chiaro ridisegnava il paesaggio e attutiva i suoni provenienti dal casolare. La sala doveva essere adeguata allo scambio dei doni. La sincerità del gesto non poteva risentire di altre influenze. Solo ai più piccoli era concessa l’irruenza dell’infanzia e dopo una cena d’impazienza avevano potuto nascondersi sotto le gambe del pianoforte, dove i pacchi li attendevano.

Alice, che di questo contegno aveva sofferto negli anni passati, era la prima a ritrovarcisi, ora che per lei il piacere era nel portare regali più che riceverli.

Con il fascino della capostipite, Ornella aveva accompagnano il changement de scène a fine cena. I passi sicuri facevano ondeggiare il suo vestito Acqua Amara, il cui tessuto risaliva fino a fasciarle il collo. Al posto della sua collana, un raffinato cameo campeggiava su petto, fissando il drappeggio del vestito.

“Questo è per te, Alice.”  Aveva sorpreso la nipote con una scatola apparsa all’improvviso. La gratitudine composta della nipote aveva cercato il volto di Ornella, che ora le dava quella deroga che agli altri adulti non era concessa. Il nastro collaborò con poca resistenza.

Bianco era indossato e bianco era nella scatola. Nella confezione, una splendida camicia Raffaello si presentava ai suoi occhi. Quello che vedevano era il richiamo alle icone d’altri tempi e di altre stagioni, che ad Alice ricordava i ricevimenti d’estate dati da Ornella. Un ricordo di terre del Sud e di campi riarsi dal sole, di uomini e di donne autentici nella loro semplice bellezza.

Sollevata nella sua lunghezza, la camicia lasciava intendere le forme di una donna al suo interno: se ne intuiva la figura nel tessuto morbido delle maniche a sbuffo, educate da un raffinato gioco di stoffe che garantivano ai loro movimenti una libertà composta. Sul colletto campeggiava lo stesso bottone del vestito della nonna: un cameo cesellato finemente, il cui bronzo risaltava tra il candore della veste.

“Questa è per il percorso che hai scelto: anche in ufficio, lo stile è importante.”  Le parole raggiungevano un’Alice ancora sorridente. “…e questo” disse indicando l’altra confezione da cui si intuiva un vestito simile a quello che Ornella stava indossando “è per ricordarti che non esiste solo la carriera.”