Lo schermo del computer virò all’ocra mentre le dita di Elizabeth finivano di scrivere le ultime frasi. La call con la redazione era stata più lunga del previsto, ma lo sforzo non le era pesato. Sapeva che l’edizione di Gennaio sarebbe stata più impegnativa del solito e la sua decisione di tornare in Toscana così a lungo per le vacanze di Natale non aveva aiutato. Però, si era detta, c’era bisogno di cambiare punto di vista. Il fil rouge del mese erano i capi iconici, quelli che erano entrati nell’immaginario collettivo, e lei aveva deciso di contribuire con un editoriale sulla camicia bianca.
Quella di Elizabeth era stata una decisione a sorpresa. Arrivata alla testa della rivista grazie al suo stile chiaro e convincente, si era riservata il ruolo di coordinatrice di giornaliste e collaboratori. Sentiva che, per lasciare il segno non bastava parlare di capi alla moda. Certo quello della camicia bianca era un ottimo tema. Un indumento che aveva attraversato il tempo, rinnovando sempre la sua allure. L’immagine di Beatrice Cenci, dipinta da Guido Reni le era tornata in mente non appena la riunione di redazione aveva proposto l’argomento. Il contrasto tra il biondo dei capelli della modella e il candore della veste le aveva ricordato che il bianco è molto più di un colore: è la tela da cui può irraggiare la luce.
“Quello tra la camicia bianca e le star di Hollywood dei tempi andati è stato un sodalizio, una simbiosi di stile e personalità. Le celebrità che ci hanno lasciato un segno duraturo lo hanno fatto con stile ed eleganza eterni. La loro alleata? Una semplice camicia bianca…”
L’incipit iniziato sul volo da New York era rimasto in sospeso una volta in Val d’Orcia. Arrivata al casolare, l’aria della campagna senese aveva ricordato ad Elizabeth che qui i tempi parlavano di vendemmia e sagre, di tempo vissuto nello stile e non per lo stile. La bellezza, quella che aveva aiutato Giovanni a convincerla che i momenti più importanti dell’anno fossero da passare tra queste colline, qui era dovunque.
“…le maniche arrotolate di Laurent Bacall, che ne esaltavano l’aria altera; la classe di Grace Kelly, regale anche prima di diventare principessa; la leggerezza charmant di Audrey Hepburn e la forza, femminile in tutti i suoi aspetti, dell’altra Hepburn, una Katharine capace di essere elegante anche in una camicia oversize…”
Gli esempi non le mancavano certo, ma c’era un problema. Quella tra camicia e donna era un rapporto tra due fascini indipendenti. La camicia bianca aveva attraversato le generazioni; le donne di fascino – fascino, non semplice bellezza -, lo erano a prescindere. Cosa rendeva questo connubio così evocativo, allora? Elizabeth se lo era chiesto passeggiando nel mercato di San Giovanni d’Asso mentre il suo compagno sceglieva i tartufi migliori.
“Dinner’s almost ready”, La mano di Giovanni, che le porgeva un calice di vino rosso l’aveva riportata alla realtà del momento.
“Una buona annata.” Le note di amarena e frutti di bosco avevano risvegliato il gusto di Elizabeth.
“Quattro anni in botte. Non uno di meno: ci vuole tempo per le belle opere.”
Le dita di Elizabeth giocavano con il bottone della sua Raffaello, un’altra splendida opera che l’aveva conquistata il giorno stesso della riunione. Qualche ricerca su internet, una terra d’adozione ricca di artigiani di altissimo livello e l’avvicinarsi delle vacanze, l’avevano condotta, in un caso di serendipità, a trovare quello che non sapeva di star cercando.
Le maniche a sbuffo, l’elegante nodo per cingerle e la linea dei bottoni discretamente celata da un doppio lembo di tessuto avevano catturato la sua attenzione; un colletto della misura ideale – non troppo lungo da rubare la scena, non troppo corto da patire il cambio delle mode, avevano fatto eco al tema dell’articolo su cui iniziava a ragionare. A farla cedere, quel pezzo che il suo occhio esperto aveva compreso essere di mano di fini orefici. Un elegante bottone, quasi un cameo d’altri tempi, adagiato al centro esatto del colletto. Per un tempo infinito Elizabeth rimase a guardare il delicato svolazzo delle inziali cesellate. “Emme…meraviglia!” aveva sussurrato senza accorgersene. Farsi spedire oltreoceano quella camicia sarebbe stato fin troppo facile per qualunque donna dotata di buon gusto, ma per Elizabeth quell’oggetto era qualcosa di più di una seduzione. Qualcosa che andava compreso fin nelle sue origini. In redazione lo avrebbero capito solo dopo l’editoriale.
Accanto al fuoco del camino, Elizabeth era tornata a osservare l’ampio salone del casolare, sulle cui pareti campeggiavano stemmi araldici e quadri con scene di caccia. Una mattinata di ricerche le aveva fatto capire quello che cercava di dire.
Autenticità.
Camicie, attrici, pittori, donne: tutto è autentico. La bellezza è autenticità; come è autentico quello che poi diventa senza tempo. Sartoria e oreficeria erano autentiche nella sua nuova camicia. Questo è ciò che l’aveva conquistata. Questo era il senso che avrebbe voluto dare al suo editoriale, perché questo è quello che voleva fosse la moda, quella che aspira ad attraversare il tempo.
Il sorriso che Giovanni aveva preso come complimento al suo vino, aveva per lei tutto il senso della chiarezza ritrovata. Dopotutto, anche il sapore era autentico, si disse mentre il suo sguardo vagava fuori dalla finestra, oltre le viti, verso il foliage del bosco.