Il sorriso di Imogen

Il sorriso di Imogen

Le colline brillavano delle sfumature del verde acceso nel sole primaverile. Dalla sera prima, il lounge della terrazza era stato organizzato per far spazio alla sfilata. Elizabeth si era raccomandata per una disposizione ariosa e distesa. L’evento sarebbe stato solo per poche, selezionate persone. La scelta era caduta su Monteverdi Tuscany, un tesoro nascosto nella campagna senese. Nessun bisogno di passerelle o tappeti: il reticolo di pietre squadrate, che riprendeva l’ocra della facciata del casolare avrebbe dato il giusto risalto ai vestiti. I pochi gradini non avrebbero dato problemi alle modelle.

“Renderanno tutto più naturale.” Si era detta Elizabeth, notando l’orlo della sua gonna oscillare ad ogni passo, prima di voltarsi verso il parapetto. Davanti a lei, oltre le cime dei larici, si stendevano i campi della Val d’Orcia, in un delicato movimento di colline.

Al suo editoriale di fine anno aveva fatto seguito un fiume di mail di risposte. Non era donna da farsi distrarre da qualche critica. Nella moda, e nel raccontare la moda, il buon gusto era una qualità che si affinava negli anni di gavetta e si difendeva ad ogni scelta. La velata accusa di provincialismo invece, era quello che l’aveva sorpresa.

“È Provinciale è credere che “globale” voglia dire uniforme, semmai.”

Per Elizabeth, che il mondo lo aveva girato più volte, prima di approdare in redazione a New York, ogni luogo portava con sé un qualcosa di unico; un pezzo di un mosaico da comporre con altri. Britannica, era cresciuta con i racconti dei nonni, con cui aveva percorso ogni luogo dove si parlasse la sua lingua, prima di lasciarsi conquistare dagli errori di Giovanni.

Rispondere alle critiche con un'altra edizione avrebbe dato troppa importanza a quei commenti. Meglio cambiare strategia, si era detta, per tenere il punto fermo. In poco tempo si era decisa ad organizzare di persona il trunk show di Sartoria Toscana. Un evento esclusivo, riservato a un pubblico di colleghe e a appassionati, ben felici di farsi qualche ora di volo per uno spettacolo autentico.   

Con l’arrivo degli invitati, la terrazza aveva preso ad animarsi. Il cocktail di benvenuto era la consueta occasione per bilanciare il senso di attesa con il piacere di un incontro tra persone accomunate dalla stessa passione. Età diverse, Paesi diversi, da dovunque venissero, gli astanti condividevano il gusto per la buona cucina, l’arte e il bello.

Elizabeth si era presa qualche minuto prima di fare il suo ingresso. Il suo passo misurato le aveva fatto percorrere lo spazio della terrazza fino a metà, prima di dirigersi verso un gruppo di persone che aveva riconosciuto. Il suo Otto e Mezzo le cadeva addosso con una semplicità studiata. La gonna lasciava intravedere il contorno definito delle ginocchia. Lo spacco appena accennato anticipava con garbo ogni passo. La linea del top era la definizione esatta di “giusto mezzo”: abbastanza da rendere omaggio al suo portamento, non troppo da risultare fuori luogo. Il suo non era un abito, ma un’affermazione.

"La bellezza è nei dettagli, non trova?" chiese avvicinandosi alla donna che si era soffermata ad osservare i tre bottoni in bronzo battuto che campeggiavano sulla vita del vestito. Imogen, una collega di Londra, non poté che annuire. Da esigente inviata di moda, sapeva riconoscere il valore autentico quando lo incontrava.

“Lasci che le presenti Eleanor e Aditi. Mi raccomando, Imogen, non sia troppo severa con loro: Eleanor si occupa di cosmesi, l’avrà sentita in qualche notizia di finanza, ma come vede è già una cliente affezionata.” Disse indicando distrattamente la camicia Uni, le cui maniche morbide terminavano in un incontro di eleganti gemelli. “…Aditi è una cara amica dai tempi di Delhi. Da buon architetto, è più interessata allo splendido lavoro che hanno fatto con il borgo, ma sono sicura che saprà esserle d’aiuto con la sfilata.”

Imogen, con il suo acuto senso critico forgiato anni di sfilate, sembrava la più riservata. Il suo sguardo era analitico, mentre il marito James, un amante della cultura italiana, cercava di catturare l'essenza del vino locale con un sorriso soddisfatto. Eleanor, da fine conversatrice, aveva iniziato con qualche domanda sommaria, per studiare le reazioni dell’inviata. Non le era sfuggito il sottinteso di Elizabeth nell’affidarla alla collega.

“Trovo che un evento così raccolto sia l’ideale per presentare una collezione. Niente clamore inutile, solo opinioni di appassionati ed esperte. Non trova?” Chiese Eleanor ad una sorpresa Aditi.

“Curiose, nel mio caso. Però le do ragione. Se la prima impressione è quella che conta, è importante anche a chi la si propone.”

“Buonasera, signore e signori…”  La voce di Elizabeth domandava attenzione per l’inizio dell’evento. “…quella a cui state per assistere non è una sfilata. O meglio, non nel modo in cui ve la potreste attendere da qualunque altra parte nel mondo.”

A James, l’ultima frase era sembrata un po’ troppo pretenziosa, ma non ci diede troppo peso. Dal lato del casolare, la prima modella aveva iniziato ad incedere, con un passo lento quanto sicuro. La brezza tiepida, che risaliva la costa della collina, aveva sollevato il lembo del suo lungo abito Acqua Amara. Un telo etereo che donava alla modella un’immagine altera ed evanescente al contempo. Seguiva il periplo del suo collo, scendeva sul lato del seno per precipitare in un profondo scollo lungo la schiena nuda. Il cameo, fissato sul petto, brillava al sole di maggio. Ciascuno dei presenti aveva almeno un motivo diverso per ammirare quell’immagine.

Dopo un momento infinito, la modella aveva ripreso a muoversi. I primi tre scalini, un attimo di pausa, poi gli altri tre, fino all’arco che adornava l’ingresso al casolare. Fermata, aveva voltato lo sguardo dal paesaggio fino all’ingresso, da dove una seconda modella stava per uscire. Eleanor si sentì sorpresa nell’incrociare lo sguardo della modella mentre questa si voltava verso la collega. Questa aveva un’aria più sportiva, con un Bermuda Siena a taglio morbido. Le esili braccia nude correvano adagiate lungo i fianchi. Le mani, infilate nelle tasche oblique, le regalavano un’aria di serena tranquillità. Un arioso Top Grano completava questa immagine estiva senza tempo.

E senza tempo, avevano iniziato a parlare tra di loro le due modelle, dimentiche dei presenti che le osservavano. Si sarebbe detta una conversazione tra sorelle, per la somiglianza dei tratti e per lo stilema del top, che riprendeva lo scollo incrociato dell’abito. Le due si erano lentamente dirette verso il parapetto. Lì, la prima indicava alla seconda i paesini in lontananza, che spiccavano tra boschi e campi arati. La voce bassa non portava le parole fino agli invitati, rimasti sorpresi per la svolta della presentazione.

“Come questo vino, questi abiti sono il prodotto di queste terre.” Aveva ripreso Elizabeth.  “Del vento che sentite muovere queste fronde e animare questi lembi; del tepore estivo che permette questi tagli. Ecco, questi sono abiti che potete indossare ovunque, perché la buona moda non ha confini. Ma che ovunque li indossiate, vi parleranno di queste colline e di questa valle.”

Un velato sorriso di ammirazione era comparso sul volto di Imogen. James, che conosceva sua moglie fin troppo bene, ne aveva riconosciuto quel senso di ammirazione che sua moglie aveva per una risposta elegante, anche senza comprendere quale fosse.

Una terza modella, aveva fatto il suo ingresso dal lato del casolare. “Martina, Roberta” aveva chiamato le altre due, prima di raggiungerle con un passo solo di poco più affrettato delle prime. In piena sintonia con il suo ensemble di Pantalone Cipresso, che le scendeva morbido lungo le gambe, e della Camicia Raffaello, le cui maniche a sbuffo le donavano un aria ricercata. Raggiuntele, si era fermata in mezzo alle due per abbracciale con posa studiata. Aditi, memore degli studi in Italia, vi aveva riconosciuto le tre grazie del Canova, in una citazione solo accennata.

“Tre modi diversi di esser donna. Tre, tra i tanti possibili. Ciascuno che si richiama negli altri.” Aveva commentato Elizabeth prima che le indossatrici si mescolassero tra i presenti.